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di Ivan Trigona

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden rimangia ogni promessa e consente a Nancy Pelosi la missione a Taiwan. Tutto questo a soli 5 giorni da una telefonata di oltre 2 ore con il leader cinese Xi Jinping. Una pericolosissima visita, quella della speaker della Camera, per manifestare il proprio sostegno alla «vivace democrazia taiwanese».  Nel corso dei contatti U.S.A – Cina, la Casa Bianca aveva sostenuto che la stessa telefonata fosse parte degli sforzi per «mantenere e approfondire le comunicazioni fra Stati Uniti e Cina, gestire le differenze e lavorare insieme lì dove i nostri interessi si allineano».

Come era facile immaginare, l’ira cinese non ha tardato a manifestarsi. Sono arrivate dichiarazioni di fuoco sul tradimento del governo americano, con la convocazione dell’ambasciatore americano a Pechino. La Cina ha anche agito con azioni più concrete dal punto di vista militare. Il governo cinese ha inviato immediatamente i suoi jet nello Stretto di Formosa e annunciato manovre militari per assediare l’isola ribelle.

Inutile sottolineare quanto il mondo non avesse affatto bisogno, soprattutto in questo momento storico, di un’ulteriore forte tensione internazionale di tipo geopolitico. Con una guerra ancora in atto tra Russia ed Ucraina che non accenna a risolversi e con le fortissime tensioni nei rapporti multilaterali tra la stessa Russia ed il mondo occidentale, non possiamo permetterci un’altra escalation  militare.

Appaiono lontanissimi i tempi virtuosi degli accordi sul disarmo nucleare sottoscritti tra Reagan e Gorbaciov nel 1987.

L’auspicio è che i leader delle 3 grandi potenze mondiali tengano sempre ben presenti i rischi che una qualsiasi azione diversa dalla retorica di guerra possano comportare per le sorti del mondo e dei loro paesi.

Lo speriamo davvero.

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