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EMERGENZA IMPRESE E ATTIVITA’ COMMERCIALI: PARLA PATRIZIA DI DIO

La zona rossa in Sicilia ha dato l’ulteriore mazzata alla categoria dei commercianti e degli imprenditori che, dopo un breve periodo di riapertura, sono stati costretti a chiudere nuovamente le proprie attività. Patrizia Di Dio, presidente di Confcommercio Palermo, si è fatta portavoce del grido di questi imprenditori e di questi commercianti che rischiano il fallimento se non si decide di riaprire.

 

Intervistata durante il Time Magazine di oggi, Patrizia Di Dio ha sottolineato ancora una volta le difficoltà in cui  questi imprenditori e questi commercianti stanno affrontando e affronteranno. Un grido forte e anche di disperazione di una categoria che di fatto è tra le più penalizzate.

 

«Siamo in una Repubblica che si basa sull’articolo 1 che sancisce il diritto sacrosanto di lavoro anche a chi non ce l’ha. Ma che Stato è se una categoria come la nostra ha il lavoro e gli viene sottratto? Siamo in presenza di un Nazi-covid, una forma dispotica che prevede di eliminare il lavoro alla luce di dati che non  hanno nessuna base certa. Non ci danno garanzie. Noi siamo additati ogni giorno a questo bollettino. Sapete che questi dati non hanno una base informatica? Non sono neanche gestiti a livello informatico. Abbiamo evidenza certa che questi dati vengono duplicati. Sono i nostri negozi di abbigliamento, degli artigiani a fare contagio? O sono le case private e gli assembramenti delle gente che se ne frega? Ora basta».

Parole dure quelle di Patrizia Di Dio, che ha voluto ribadire quanto le imprese e le attività commerciali siano in difficoltà:

«L’emergenza in cui viviamo è per far sopravvivere migliaia di imprese. Migliaia di imprese le abbiamo già perse. Non ce lo meritiamo. Prima mandavamo al macero gli ebrei, adesso lo stanno facendo con noi, per questo parlo di nazi-covid. È una forma diversa di nazismo. In Sicilia i problemi non sono i nostri negozi. Se non funziona il sistema sanitario, possiamo piangere noi? È un tema sanitario, dobbiamo mantenere le disposizioni di sicurezza, ma dobbiamo aprire. Le disposizioni sono scellerate a livello Nazionale. Siamo noi sulla brace. Venerdì ci ha minacciato dicendo che ci chiuderebbe altri 15 giorni. Se noi dobbiamo sottostare a questa sorta di dispotismo, non ci stiamo. Il primo febbraio dobbiamo riaprire. Così facendo ci consegnano agli strozzini».

 

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