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L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 3 maggio Giornata mondiale della libertà di stampa.

La Giornata nasce per  evidenziare l’importanza della libertà di stampa e sollecitare i governi a garantire il pieno rispetto  della libertà di parola, sancita dall’Articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 e per celebrare l’anniversario della Dichiarazione di Windhoek, ivi promulgata dai giornalisti africani nel 1991,  per sancire i principi in difesa della libertà di stampa, del pluralismo e dell’indipendenza dei media.

Dal 1993 le Nazioni Unite, poi, in occasione della ricorrenza, conferiscono premi inerenti al giornalismo ed organizzano conferenze in tutto il mondo.

Anche L’UNESCO nel 1997 ha istituito un premio UNESCO/Guillermo Cano World Press Freedom Prize da conferire in occasione nella Giornata mondiale della libertà di stampa, a individui, organizzazioni o istituzioni che hanno dato un contributo evidente alla difesa e/o al supporto della libertà di stampa ovunque nel mondo, specialmente quando essa è stata ottenuta in una situazione di pericolo.

Il premio viene assegnato da una giuria indipendente di 14 giornalisti professionisti. I candidati vengono proposti da organizzazioni non governative regionali e internazionali che lavorano in favore della libertà di stampa e dagli stati membri dell’UNESCO e trae il suo nome dal giornalista colombiano Guillermo Cano Isaza, ucciso mentre usciva dalla sede del suo giornale a BogotàEl Espectador, il 17 dicembre 1986, su commissione dei potenti baroni della droga della Colombia che erano stati offesi dai suoi articoli.

L’UNESCO ogni anno, inoltre, riunisce giornalisti professionisti, organizzazioni per la libertà di stampa, agenzie delle Nazioni Unite per valutare lo stato della libertà di stampa in tutto il mondo e per discutere le possibili soluzioni adottabili nelle sfide del momento. Ogni conferenza è incentrata su un tema relativo alla libertà di stampa, inclusi buona amministrazione, copertura mediatica del terrorismo, impunità e ruolo dei media nei paesi che versano in una situazione di guerra e/o post-bellica.

Ciò che purtroppo continua ad emergere è che il giornalismo di inchiesta, ancora oggi, in diversi paesi nel mondo, rimane una scelta coraggiosissima e miete ancora tante vittime.

Questa giornata alimenta il ricordo dei professionisti temerari ed integerrimi del giornalismo che non ce l’hanno fatta.

Oggi Radio Time ne ricorda una per tutti, Ilaria Alpi : La giornalista era appassionata di verità, innamorata dell’Africa, delle sue complesse questioni e sostenitrice strenua della Pace in quei territori martoriati dalle guerre civili. Per indole, aveva scelto il giornalismo delle cose vere, quello che andava a fondo….il giornalismo d’inchiesta.

La sua passione, purtroppo, nel 1994 ,la vedrà cadere sotto i colpi di sette killer assoldati da chi, a Mogadiscio e non solo, gestiva il traffico di rifiuti tossici e di armi.

Era una giovane giornalista del Tg3 ed insieme al suo  operatore Miran Hrovatin, furono uccisi a Mogadiscio, in Somalia, il 20 marzo 1994.  Da due anni stava seguendo la missione di pace “Restore Hope”, coordinata dall’Onu, per porre fine alla guerra civile scoppiata nel 1991 dopo la caduta di Siad Barre.

La Alpi e Hrovatin, stavano andando a fondo alla questione e avevano trovato collegamenti con l’Italia, reduci da un’intervista col sultano di Bosaso, Abdullah Moussa Bogor, avevano raccolto materiale scottante, questo avevano comunicato alla loro redazione, niente che potesse dirsi per telefono, di li a poco sarebbe arrivato il materiale, 2 ore di intervista scoop col sultano….

Di ritorno a Mogadiscio, Alpi e Hrovatin si trovavano a bordo della loro auto e nel tragitto tra il loro albergo e l’hotel Hamana, vengono fermati da un commando di 7 persone che apre il fuoco e li uccide.

Una vera e propria esecuzione e di quelle 2 ore di intervista, in redazione ne arriveranno appena 15 minuti….niente libertà di stampa, allora a Mogadiscio ed è così, purtroppo, ancora in molti posti del mondo.

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