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di Davide Venza

In vista del voto del mese prossimo, i candidati alle elezioni del 25 settembre hanno l’ultimo mese disponibile per portare avanti la loro campagna elettorale. Uno dei temi più importanti, visti anche i continui rincari che stringono sempre di più il nodo alla gola dei cittadini, è sicuramente il reddito di cittadinanza. La misura di contrasto alla povertà costa tra i 7 e gli 8 miliardi di euro l’anno ed è finito spesso come argomento di dibattito. Tuttavia con il sostegno a 2,2 milioni di famiglie (quasi 5 milioni di persone) ha rappresentato una “diga” per l’Italia durante la fase pandemica più grave. Di seguito tutti gli scenari e le ipotesi con il nuovo governo, il quale non è sicuro che cambi qualcosa a riguardo entro il prossimo anno.

M5S: Rafforzare il reddito di cittadinanza

Il Movimento 5 Stelle ha presentato al Viminale il suo programma elettorale. All’interno del progetto, Giuseppe Conte, non pone un focus approfondito sulle modifiche o conferme relative alla distribuzione del reddito di cittadinanza. Il programma prevede il rafforzamento del reddito con misure per rendere più efficiente il sistema delle politiche attive e monitoraggio delle misure antifrode. Il presidente del partito Conte si è inoltre espresso così a riguardo: “rafforzare il sussidio attraverso l’aggiornamento della scala di equivalenza per famiglie numerose e disabili e la possibilità di renderlo compatibile con lo svolgimento di lavori stagionali fino a una certa soglia di reddito annuo”.

Fratelli d’Italia: sostituire il reddito con sussidi più efficaci

A differenza di Giuseppe Conte ed alleati, la posizione di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia ha idee molto più critiche a riguardo. Giorgia Meloni, candidata numero uno stando ai sondaggi, non ha mai nascosto il suo dissenso nei confronti della misura instaurata dal M5S. Fratelli d’Italia, ad oggi, resta l’unico partito a non aver mai votato a favore del reddito di cittadinanza e la leader non ha risparmiato neanche gli alleati di Forza Italia e soprattutto della Lega, criticandoli poiché quando la misura è stata approvata erano al governo. “Noi crediamo che uno Stato giusto non debba mettere sullo stesso piano chi può lavorare e chi non può farlo. Uno strumento di tutela serve per chi non è in condizione di lavorare: over 60, disabili, famiglie senza reddito che hanno dei minori a carico. Ma per gli altri quello che serve è la formazione”.

Lega e Forza Italia: azzerare le truffe

La Lega di Matteo Salvini mira a una importante rivisitazione del piano attualmente in vigore. Bisogna mantenere attivo il reddito nei confronti dei cittadini inidonei al lavoro, ma bisogna riorganizzare il piano di distribuzione del denaro. Troppe le truffe fino ad ora: il 74% dei raggiri sarebbe riconducibile a dichiarazioni false su residenza e cittadinanza. Per quanto riguarda Forza Italia, Tajani si è espresso a riguardo, allineandosi sulle idee dei suoi alleati: “Se dobbiamo sostenere le famiglie in difficoltà è giusto aumentare le pensioni e non dare il reddito di cittadinanza a chi ha 20 anni e può andare a lavorare ma rifiuta il lavoro perché non gli piace. L’assistenza dello Stato deve essere legata alla reale necessità. Tagliando il reddito di cittadinanza si possono recuperare dai 5 ai 7 miliardi di euro”.

PD: ricalibrare il piano

Nel suo programma elettorale, il Partito democratico, guidato da Enrico Letta, sostiene che ci sia la necessità di mantenere il sussidio, purché venga ricalibrato. Per ottenere ciò, il partito di centrosinistra vorrebbe che si prestasse maggior attenzione alle indicazioni dalla commissione Saraceno. La sociologa Chiara Saraceno è la professoressa messa a capo del comitato scientifico che nel novembre scorso ha presentato una relazione sulle modifiche da apportare al Rdc. In particolare, il Pd ha indicato tre proposte avanzate dal Comitato: la revisione dei criteri con cui funziona il reddito di cittadinanza, che al momento penalizzano le famiglie più numerose con minori; la possibilità per i percettori del reddito di cittadinanza di conservare una parte del sussidio, nel caso in cui trovino un’occupazione, per non disincentivare la ricerca del lavoro; e la riduzione dei 10 anni di residenza in Italia richiesta per accedere al sussidio.

Renzi e Calenda: stop al sussidio a chi rifiuta un’offerta congrua

Matteo Renzi, leader di Italia Viva, e Carlo Calenda, leader di Azione, si sono espressi in maniera molto chiara e dura nei confronti del reddito di cittadinanza. Nel loro programma elettorale puntano a modifiche per riequilibrare un piano “pensato male” con “troppi obiettivi” e che “ha mostrato tutti i suoi limiti”. Per fare ciò andrebbe seguita la strada che aveva iniziato a tracciare il premier Mario Draghi. L’idea è quella di continuare a tutelare i cittadini che non hanno la possibilità di svolgere una professione. Storia diversa per chi rifiuta un’offerta di lavoro congrua: Renzi e Calenda propongono lo stop al sussidio dopo un solo rifiuto.

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